La psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT) nasce intorno agli anni ’80 dall’unione di due approcci allora emergenti in psicologia: il comportamentismo e il cognitivismo. A differenza di altri approcci psicoterapeutici, come l’approccio psicoanalitico, la CBT non si focalizza sul significato inconscio dei comportamenti. La psicoterapia cognitivo comportamentale piuttosto è una terapia focalizzata sul “problem solving” in cui il terapeuta assiste il paziente alla ricerca delle migliori strategie per modificare e ridurre i sintomi del proprio disagio.
Sommario
- La psicoterapia cognitivo comportamentale
- Gli esordi della psicoterapia cognitivo comportamentale
- Principi della psicoterapia cognitivo comportamentale
- Scopo della psicoterapia cognitivo comportamentale
- Tecniche nella psicoterapia cognitivo comportamentale
- Percorsi di psicoterapia cognitivo-comportamentale
- Disturbi trattati con la psicoterapia cognitivo comportamentale
- Terapie cognitivo comportamentali della terza onda
- Autore
La psicoterapia cognitivo comportamentale
La psicoterapia cognitivo comportamentale (in inglese, cognitive behavioral therapy o CBT) è la forma di psicoterapia più studiata e validata al mondo. Migliaia di studi randomizzati controllati ne hanno provato l’efficacia clinica rendendola una delle forme di psicoterapia più utilizzate in ambito clinico e non solo.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale nasce intorno agli anni ’80 come integrazione tra il modello comportamentista classico, basato sugli studi di Bhurrus Skinner, e l’emergente cognitivismo clinico dominato allora da Albert Ellis e Aaron T. Beck.
Gli esordi della psicoterapia cognitivo comportamentale
Aaron Beck, psichiatra americano e padre della terapia cognitiva, è uno degli autori più importanti che hanno contribuito allo sviluppo delle psicoterapie cognitivo comportamentali classiche. Durante il suo lavoro Beck aveva notato, attraverso una tecnica allora dominante in psicoterapia “le libere associazioni”, che il pensiero dei pazienti depressi tendeva ad essere dominato da valutazioni assolutistiche, generalizzate e negative nei confronti di sé stessi, del mondo o del proprio futuro (ad es. “non valgo niente” oppure “non ho più speranze”).
Tali pensieri, secondo Beck, non riflettevano però conflitti inconsci quanto piuttosto convinzioni disfunzionali profonde. Beck chiamò questi pensieri “pensieri automatici”. Scopo della psicoterapia cognitiva, secondo Beck, sarebbe quindi quello di identificare questi pensieri automatici negativi profondi, confutarli e modificarli attraverso il colloquio clinico.
Principi della psicoterapia cognitivo comportamentale
Nell’approccio cognitivo-comportamentale il trattamento cognitivo classico (ossia l’analisi e confutazione dei pensieri disfunzionali) rimane centrale e, come citato precedentemente, viene integrato dai contributi del comportamentismo e dell’analisi funzionale.
Nella psicoterapia cognitivo-comportamentale infatti pensieri, emozioni e comportamenti si influenzano gli uni con gli altri. Pensieri disfunzionali negativi come “non piaccio a nessuno” oppure “sono una persona antipatica” possono portare la persona a sentirsi più triste o scoraggiata (emozioni negative) e portarla a ridurre le occasioni di socialità e rinchiudersi in casa (comportamenti disfunzionali).
Analogamente, anche i comportamenti influenzano i pensieri e le emozioni. Ad esempio, l’isolarsi e il rinchiudersi in casa (comportamenti disfuzionali) possono rinforzare il pensiero “non piaccio a nessuno” perché non può essere confutato dall’esperienza (uscendo di casa ci si potrebbe accorgere di piacere a qualcuno). Inoltre l’isolamento riduce le relazioni sociali e le attività piacevoli svolte quotidianamente, favorendo così l’emergere di sentimenti di tristezza e rinforzando i pensieri disfunzionali.
Scopo della psicoterapia cognitivo comportamentale
Lo scopo della psicoterapia cognitivo comportamentale quindi è quello di aiutare il paziente a riconoscere questi meccanismi che si autosostengono e agire per modificarli. Il trattamento si muove, appunto, sia a livello cognitivo (con analisi e ristrutturazione cognitiva) che comportamentale (con prescrizioni comportamentali, ad es “deve uscire di casa almeno tre sere a settimana”).
Lo scopo finale è quello di andare a modificare le credenze profonde maladattive del paziente favorendo così un cambiamento duraturo nel tempo.
Tecniche nella psicoterapia cognitivo comportamentale
Per favore il cambiamento nel corso degli anni sono state studiate diverse tecniche psicoterapiche. Nell’ambito della psicoterapia cognitivo comportamentale le tecniche principali sono:
- auto-istruzioni (ad esempio l’utilizzo consapevole di tecniche di distrazione o di self-talking positivo);
- tecniche di rilassamento o di biofeedback;
- identificazione e confutazione dei pensieri negativi;
- esercizi a casa o esposizioni in vivo;
- esposizioni immaginative;
- esercizi di mindfulness;
- skills training;
- psicoeducazione;
A volte i trattamenti cognitivo-comportamentali sono manualizzati e divisi per sessioni, a volte possono essere specifici per disturbo oppure essere generali e applicabili ad un’ampia gamma di disturbi mentali e condizioni psicologiche negative. In genere, al di fuori della classica ora di terapia, vengono prescritti esercizi a casa e forniti strumenti per auto-monitorare i propri pensieri, comportamenti ed emozioni. E diventare così consapevoli del proprio funzionamento.
Percorsi di psicoterapia cognitivo-comportamentale
La psicoterapia cognitivo-comportamentale può essere erogata in forma individuale (con i classici colloqui vis a vis) oppure in gruppo. In genere la prime sedute sono fondamentali per l’assessment, una fase nella quale il terapeuta attraverso il colloquio clinico o con l’ausilio di test psicometrici, cerca di capire a fondo le cause psicologiche che alimentano la sofferenza del paziente. Di particolare importanza nelle prime fasi della terapia è la creazione di un clima emotivo caldo e supportivo che favorisce una buona relazione terapeutica. Costruire una buona relazione terapeutica è infatti fondamentale per l’efficacia del percorso psicoterapeutico.
Infine, all’interno della grande cornice cognitivo-comportamentale, i singoli terapeuti possono essere maggiormente orientati in senso cognitivo (quindi prediligere tecniche orientate ad una ristrutturazione cognitiva o ad una maggiore consapevolezza meta-cognitiva) oppure comportamentale (prediligendo quindi tecniche di esposizione o prescrizioni comportamentali orientate ai valori personali del paziente).
Disturbi trattati con la psicoterapia cognitivo comportamentale
La psicoterapia cognitivo-comportamentale ha dimostrato di essere efficace nel trattamento di diversi disturbi tra cui:
- disturbi d’ansia
- disturbo da dismorfismo corporeo
- disturbi dell’umore
- disturbi di personalità
- dipendenza da sostanze stupefacenti
Esistono inoltre protocolli e strategie terapeutiche cognitivo-comportamentali appositamente studiate per un particolare disturbo o tipologia di disturbi. Ad esempio la CBT-E, la cosi detta terapia cognitivo-comportamentale migliorata, è un protocollo di trattamento specifico per i disturbi alimentari creato da C. Fairburn.
Un altro protocollo ad orientato cognitivo comportamentale è la “terapia di esposizione e prevenzione della risposta”, un protocollo di trattamento specifico per il disturbo ossessivo compulsivo.
Terapie cognitivo comportamentali della terza onda
Negli ultimi anni nel mondo delle terapie cognitivo comportamentali si è assistito allo sviluppo di numerose nuove forme di psicoterapia, le cosi dette “terapie della terza onda“. Tali nuove forme di psicoterapia hanno, rispetto alle forme di CBT più tradizionali, maggiormente insistito su alcuni processi psicologici come l’accettazione, la meta-cognizione e la compassione.
Se infatti l’approccio cognitivo-comportamentale classico si è maggiormente occupato dell’analisi dei pensieri disfunzionali e della loro confutazione, gli approcci della terza onda tendono a concentrare la loro attenzione nel massimizzare cambiamenti a livello metacognitivo o comportamentale.
Il diverso modo di trattare il tema della cognizione è forse l’aspetto dove emerge la più significativa differenza tra psicoterapie cognitivo-comportamentali della seconda e della terza onda.
Per maggiori informazioni puoi leggere l’articolo “Le psicoterapie cognitivo-comportamentali della terza onda“.