COME GESTIRE L’ANSIA SECONDO LE PSICOTERAPIE DI TERZA GENERAZIONE

L’ansia è un’esperienza comune e fisiologica, una reazione naturale che l’essere umano prova di fronte a situazioni percepite come potenzialmente minacciose. È un’emozione evolutiva che ha permesso ai nostri antenati di sopravvivere in un mondo pieno di pericoli, avvertendoli di possibili minacce e preparandoli a rispondere con rapidità.

Anche oggi, sebbene i pericoli siano cambiati, l’ansia rimane una reazione di difesa automatica e necessaria. Tuttavia, quando questa emozione diventa eccessiva o cronica, può limitare notevolmente la qualità della nostra vita. In questi casi si parla di disturbi d’ansia.

In questo articolo vedremo come le psicoterapie di terza generazione offrono un approccio innovativo per gestire l’ansia, focalizzandoci su come smettere di combatterla in modo da ridurne l’impatto negativo.

I sintomi dell’ansia

I sintomi dell’ansia possono coinvolgere sia la mente che il corpo. Ecco alcuni dei sintomi più comuni:

  • Rimuginii e preoccupazioni continue
  • Sensazione di pericolo imminente
  • Pensieri rivolti al futuro e a possibili scenari negativi
  • Aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa
  • Sudorazione (spesso descritta come “sudori freddi”)
  • Aumento della frequenza respiratoria
  • Tensione muscolare e rigidità
  • Bocca secca e rallentamento della digestione

Questi sintomi riflettono la risposta di “attacco o fuga” attivata dal nostro corpo, una reazione automatica che ci prepara a fronteggiare o evitare un pericolo. Tuttavia, quando l’ansia si presenta senza una reale minaccia esterna, questa risposta fisiologica diventa inutile e può provocare disagio significativo.

L’ansia come risposta evolutiva

L’ansia è una componente naturale della nostra risposta alla sopravvivenza. I nostri antenati ne hanno beneficiato per restare vigili e attenti ai pericoli che li circondavano. In effetti, l’ansia li ha protetti da minacce letali, permettendo loro di anticipare il pericolo e reagire velocemente.

Oggi, per fortuna, non siamo più circondati da predatori affamati, ma il nostro cervello continua ad attivare la stessa reazione ansiosa in risposta a situazioni moderne come pressioni lavorative, esami, relazioni interpersonali o preoccupazioni finanziarie. Gli stimoli sono cambiati, ma le risposte fisiologiche sono rimaste uguali, portandoci a sperimentare ansia anche quando non vi è un pericolo immediato.

La neurofisiologia dell’ansia

L’ansia è strettamente collegata all’attivazione di diverse strutture cerebrali e sistemi neurochimici. Comprendere la neurofisiologia dell’ansia ci permette di avere una visione più completa di come e perché si attivano determinati sintomi e reazioni corporee.

Il ruolo dell’amigdala

L’amigdala, una piccola struttura situata nel sistema limbico del cervello, gioca un ruolo cruciale nella risposta ansiosa. È responsabile del riconoscimento delle minacce e dell’attivazione della risposta di “attacco o fuga”.

Quando percepiamo una possibile minaccia, l’amigdala invia segnali al resto del cervello e del corpo per prepararsi all’azione. Questa attivazione provoca un aumento della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e della respirazione, tutti sintomi comuni dell’ansia.

L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA)

Un’altra componente fondamentale della neurofisiologia dell’ansia è l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Questo sistema regola la produzione di ormoni dello stress, come il cortisolo. In risposta a uno stimolo percepito come pericoloso, l’ipotalamo rilascia un ormone che stimola l’ipofisi, la quale a sua volta attiva le ghiandole surrenali.

Le ghiandole surrenali rilasciano cortisolo, un ormone che aiuta il corpo a mobilitare energia e a rispondere rapidamente al pericolo. Un’eccessiva attivazione dell’asse HPA è spesso associata a stati d’ansia cronica e a una maggiore vulnerabilità allo stress.

Il sistema nervoso autonomo

Il sistema nervoso autonomo è suddiviso in sistema simpatico e sistema parasimpatico, entrambi coinvolti nella regolazione della risposta ansiosa. Il sistema simpatico è responsabile dell’attivazione della risposta di “attacco o fuga”, mentre il sistema parasimpatico favorisce il rilassamento e il ritorno alla calma una volta che il pericolo è passato.

Nei disturbi d’ansia, si verifica spesso una predominanza dell’attività simpatica, che può rendere difficile per il corpo tornare a uno stato di calma.

Neurotrasmettitori e ansia

Anche i neurotrasmettitori giocano un ruolo chiave nell’ansia. In particolare, la serotonina, la noradrenalina e il GABA sono coinvolti nella regolazione dell’umore e delle risposte ansiose. Bassi livelli di serotonina, un neurotrasmettitore associato al benessere e alla stabilità emotiva, sono spesso associati a stati d’ansia.

La noradrenalina, invece, è coinvolta nella risposta allo stress e può aumentare la vigilanza e l’agitazione. Il GABA, un neurotrasmettitore inibitorio, aiuta a calmare il cervello e ridurre l’ansia, e un suo deficit può portare a una maggiore predisposizione all’ansia.

Differenza tra ansia e disturbi d’ansia

È importante distinguere tra ansia normale e disturbi d’ansia. L’ansia è una reazione fisiologica e adattiva che tutti noi sperimentiamo in situazioni di stress o incertezza. Essa ci permette di prepararci e adattarci alle sfide della vita quotidiana, come sostenere un esame, affrontare un colloquio di lavoro o superare una prova sportiva. L’ansia normale, quindi, è una componente essenziale della nostra vita e spesso scompare una volta che la situazione stressante è terminata.

I disturbi d’ansia, invece, rappresentano un livello patologico di ansia che interferisce significativamente con la qualità della vita. Questi disturbi si manifestano con una ansia eccessiva e persistente che va oltre ciò che è proporzionato alla situazione affrontata. I disturbi d’ansia includono diverse condizioni, come il disturbo d’ansia generalizzato (GAD), il disturbo da attacchi di panico, l’ansia sociale e le fobie specifiche. In questi casi, l’ansia non solo è eccessiva, ma può anche presentarsi in assenza di un chiaro fattore scatenante, risultando debilitante per chi ne soffre.

La differenza principale tra l’ansia normale e i disturbi d’ansia risiede quindi nell’intensità, nella durata e nell’impatto sull’individuo. Mentre l’ansia normale è temporanea e limitata a situazioni specifiche, i disturbi d’ansia possono essere costanti e interferire con le normali attività quotidiane, richiedendo spesso un trattamento psicoterapeutico o farmacologico per essere gestiti adeguatamente.

Come le psicoterapie di terza generazione affrontano l’ansia

Secondo le psicoterapie di terza generazione, ciò che mantiene l’ansia e la sofferenza non è tanto l’emozione in sé, quanto il nostro tentativo di evitarla e controllarla. Evitare situazioni ansiogene può offrire un sollievo temporaneo, ma nel lungo periodo limita le nostre esperienze e rafforza la paura.

L’approccio delle terapie di terza generazione è quindi controintuitivo: smettere di combattere l’ansia. Accettare l’ansia, darle spazio e non cercare di eliminarla è la chiave per ridurne il potere.

Queste terapie, come la Acceptance and Commitment Therapy (ACT) o la mindfulness, puntano a riorientare la nostra vita in funzione dei nostri valori e desideri, piuttosto che delle nostre paure. L’obiettivo è ridurre le strategie di evitamento esperienziale e vivere in modo più autentico e pieno.

Per saperne di più sulla Acceptance and Commitment Therapy (ACT), visita questa pagina dedicata all’ACT.

L’importanza di non evitare l’ansia

Evitare l’ansia può sembrare un modo efficace per ridurre la sofferenza, ma alla lunga porta a conseguenze negative. L’evitamento riduce la nostra capacità di affrontare situazioni difficili e ci fa sentire sempre più vulnerabili. Ad esempio, evitare un colloquio di lavoro per paura dell’ansia che potrebbe provocare ci priva di opportunità di crescita e rafforza la convinzione che quella situazione sia insormontabile.

Le psicoterapie di terza generazione propongono di affrontare gradualmente le situazioni ansiogene, accettando le emozioni che emergono e riorientando la nostra attenzione verso ciò che è importante per noi. In questo modo, possiamo imparare che l’ansia è gestibile e che non è necessario evitarla a tutti i costi.

La mindfulness come strumento per gestire l’ansia

La mindfulness è una pratica che aiuta a prendere contatto con i propri pensieri ed emozioni senza giudizio, permettendo di osservarli senza esserne sopraffatti. Praticare la mindfulness significa sviluppare una maggiore consapevolezza del momento presente e delle sensazioni corporee, accettando la propria esperienza per quella che è.

Quando si tratta di ansia, la mindfulness può aiutare a ridurre la sofferenza associata ai sintomi, favorendo una maggiore apertura e accettazione. Questo è essenziale per non alimentare l’ansia attraverso la lotta contro di essa, ma piuttosto per imparare a conviverci in modo più sereno e consapevole.

Per saperne di più sulla mindfulness e il suo uso nella pratica clinica visita questa pagina.

Riorientare la vita verso i propri valori

Uno degli obiettivi delle psicoterapie di terza generazione è aiutare le persone a riorientare la loro vita verso ciò che è veramente importante per loro. L’ansia spesso ci spinge a evitare situazioni che percepiamo come minacciose, limitando le nostre scelte e la nostra libertà. Riorientare la vita significa invece prendere decisioni basate sui propri valori personali, anche se queste decisioni possono inizialmente generare ansia.

Ad esempio, se uno dei nostri valori è quello di instaurare relazioni profonde e significative, ma l’ansia sociale ci impedisce di frequentare ambienti dove possiamo conoscere nuove persone, affrontare questa ansia diventa un modo per vivere una vita più autentica e soddisfacente.

Per approfondire l’importanza dei valori nella gestione dell’ansia, consulta questo articolo.

Come gestire l’ansia per le psicoterapie di terza generazione

Gestire l’ansia non significa eliminarla completamente, ma imparare a convivere con essa senza che prenda il controllo della nostra vita. Le psicoterapie di terza generazione offrono strumenti pratici per accettare l’ansia, riorientare la nostra attenzione verso ciò che conta davvero e vivere in modo più pieno e consapevole. Pratiche come la mindfulness e l’accettazione sono fondamentali per sviluppare un atteggiamento di apertura verso l’ansia, riducendo la sofferenza che spesso deriva dai tentativi di evitarla.

Affrontare l’ansia significa, quindi, smettere di combatterla e iniziare a vivere in linea con i propri valori, accettando le emozioni per quelle che sono e trovando nuove modalità di risposta alle sfide della vita.

Approfondimenti

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Autore

dott. Paolo Artoni: Paolo Artoni è Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica presso l'Ospedale Maria Luigia