INSONNIA, QUALI RIMEDI? COME LA PSICOLOGIA CI AIUTA A DORMIRE BENE

Insonnia quali rimedi?

Buonanotte! Questo ci si augura ogni sera prima di sprofondare in un sano sonno ristoratore. Ma se una volta a letto ci accorgessimo che la notte tanto buona non sarà? L’insonnia è una condizione diffusa, tra il 20% e il 30% della popolazione denuncia difficoltà legate al sonno o all’addormentamento.

Nel peggiore dei casi queste difficoltà possono essere legate a patologie organiche come il reflusso gastroesofageo o ancora a patologie psichiatriche come la depressione. In altri casi tuttavia possono essere dovute solo a scorrette abitudini di vita o di scarse informazioni circa il processo di addormentamento.

Buone prassi per dormire meglio

L’approccio classico della psicologia cognitivo-comportamentale sull’insonnia si focalizza sull’insegnamento di alcune buone prassi:

  • educazione al sonno
  • igiene del sonno (es. limitare la caffeina)
  • restrizione del sonno (es. non dormire durante il giorno)
  • controllo dello stimolo (associare il letto solo al sonno o all’attività sessuale)
  • ristrutturazione cognitiva (ristrutturare i pensieri disfunzionali e ridimensionare le preoccupazioni)
  • pratiche di rilassamento.

1) Sconfiggere l’insonnia con un rapido addormentamento

Cercate di non cambiare troppo spesso gli orari di addormentamento e soprattutto di sveglia. Non è un problema addormentarsi tardi, quello che stanca di più non è il numero di ore che dormiamo ma l’ora in cui ci svegliamo. L’organismo umano è molto abitudinario, qualsiasi cosa rompa questa routine rischia di alterarne il ciclo del riposo.

2) Non andare in palestra prima di andare a letto.

Se si attiva eccessivamente l’organismo si rischia di impiegare lungo tempo per addormentarsi. A volte sforzi fisici intensi possono condizionare in modo massiccio l’addormentamento, ad esempio anche intensi sforzi fisici compiuti dopo le 18 del pomeriggio possono avere delle ricadute sulla capacità di addormentarsi.

E’ importante conoscersi e adattare l’intensità dell’esercizio alle proprie caratteristiche.

3) Occhio alla temperatura

L’organismo umano ha un intervallo di tolleranza molto sensibile che si situa intorno ai 20°. Esiste una finestra di addormentamento individuale molto sensibile, bastano variazioni di un grado più caldo o più freddo per alterare il sonno e portare insonnia.

4) Non bere troppa acqua prima di andare a letto

Altrimenti ci si dovrà alzare per andare in bagno. Un bicchiere d’acqua prima di andare a letto e due bicchieri al mattino appena svegli sono l’ideale.

5) Non stare a letto se non si riesce a dormire

Spesso si consiglia di alzarsi dal letto nel caso si soffra di insonnia. Si invita ad usare il letto solo per il sonno. Questo è nella maggior parte dei casi corretto ma come vedremo di seguito incompleto.

Questo tipo di regola viene dalle conoscenze che si possiedono circa i principi del condizionamento classico o rispondente che in breve ci spiega che se ci abituiamo a stare svegli tra le coperte il nostro organismo “impara” a rimanere sveglio invece che a rilassarsi e di conseguenza addormentarsi.

Il letto e le coperte in questo caso diventano uno stimolo condizionale per rimanere svegli. L’insonnia tuttavia è influenzata dal movimento, infatti molto spesso la sensazione di caldo insopportabile deriva da una serie prolungata di movimenti di aggiustamento effettuati sotto le coperte.

Se non si riesce a dormire si può anche rimanere tra le coperte ma bisogna cercare di muoversi il meno possibile. Questo favorisce la noia e il conseguente rilassamento dell’organismo.

6) Conoscere i pensieri che mantengono l’insonnia

Pensate a cose che siano lontane dalla quotidianità, fantasticate, perdetevi in pensieri lontani nel tempo e nello spazio. L’insonnia è solo in parte determinata dai processi di condizionamento rispondente descritti in precedenza.

Altrettanto importanti sono i processi di condizionamento relazionale, ovvero i pensieri. L’insonnia è mantenuta da due tipi di processi: “di interferenza del sonno” e di “interpretazione del sonno”. I primi sono pensieri che stimolano l’attivazione fisiologica, i secondi sono le convinzioni errate relative al sonno (es. devo dormire 8 ore altrimenti il giorno dopo non riuscirò a lavorare).

I processi pre-sonno funzionali sembrano richiedere una de-attivazione cognitiva, nel senso di un decremento del processo di elaborazione delle informazioni strategica e controllata, con un conseguente relativo decremento dell’attività fisiologica (riduzione del tono muscolare, riduzione della frequenza cardiaca, della pressione del sangue e della frequenza del respiro). Questa de-attivazione implica:

  • riduzione della regolazione verbale
  • maggiore accettazione dei processi fisiologici e mentali spontanei (es. immagini mentali).

7) Mindfulness per dormire bene

Se per ottenere il secondo punto basta fantasticare un po’ il punto, per la riduzione della regolazione verbale sono necessarie abilità un po’ più avanzate che passano per lo sviluppo di abilità di mindfulness o presenza mentale. Lo scopo dell’uso della mindfulness è quello di ridurre l’iper-regolazione verbale al momento dell’addormentamento e al momento di un risveglio notturno o mattiniero precoce. L’apprendimento di queste abilità dovrebbe avvenire “a freddo” tramite una familiarizzazione quotidiana coi processi di condizionamento relazionale e la pratica costante della meditazione.

La mindfulness per dormire meglio

Per la pratica: questa sera quando andrete a letto costruitevi mentalmente una storia in cui siete protagonisti, in un luogo e in un tempo lontano dalla quotidianità. Perdetevi in essa e lasciate che si trasformi lentamente da un pensiero in un bellissimo sogno.

Per approfondimenti

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Autore

Ospedale Maria Luigia: Paolo Artoni è Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica presso l'Ospedale Maria Luigia