DISTURBI CORRELATI A TRAUMA E STRESS | LA CATEGORIZZAZIONE DEL DSM-5

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Con l’uscita del DSM-5 nel 2013, è stato introdotto un nuovo capitolo dedicato ai disturbi correlati a trauma e stress, ridefinendo la classificazione di condizioni legate a esperienze traumatiche o stressanti. Questo cambiamento riflette una comprensione più approfondita dei meccanismi neurobiologici e psicosociali alla base di questi disturbi, precedentemente inseriti tra i disturbi d’ansia. Il DSM-5-TR (2022) ha ulteriormente aggiornato i criteri diagnostici, incorporando evidenze su fattori epigenetici, infiammatori e dissociativi. Questo articolo approfondisce tematiche chiave come il trauma psicologico, il disturbo post-traumatico da stress e i sintomi dissociativi, offrendo una panoramica aggiornata sulle novità terapeutiche.

Disturbi correlati a trauma e stress

Introdotto nel DSM-5 (2013) e aggiornato nel DSM-5-TR (2022), il capitolo dedicato ai disturbi correlati a trauma e stress racchiude condizioni psichiatriche scatenate da eventi traumatici o stress cronico, con reazioni cliniche che compromettono la qualità della vita. Questi disturbi condividono un elemento centrale: l’esposizione diretta a un trauma psicologico (es. violenza, incidenti, abusi) o a situazioni stressanti prolungate (es. lutti, conflitti familiari), che generano sintomi emotivi e comportamentali clinicamente rilevanti.

Disturbi inclusi nella categoria

  1. Disturbo reattivo dell’attaccamento: tipico dell’infanzia, legato a trascuratezza grave.
  2. Disturbo da impegno sociale disinibito: caratterizzato da comportamenti eccessivamente familiari con estranei.
  3. Disturbo da stress acuto: sintomi intensi entro un mese dal trauma.
  4. Disturbo post-traumatico da stress (PTSD): include flashback, evitamento e iperattivazione.
  5. Disturbi dell’adattamento: reazioni disfunzionali a eventi stressanti identificabili.
  6. Disturbo da lutto prolungato: reazione intensa e persistente al lutto per oltre 12 mesi (6 mesi negli adulti)

Eterogeneità sintomatologica: dalle emozioni alla dissociazione

Le manifestazioni variano tra individui:

  • Sintomi ansioso-fobici: paura persistente, ipervigilanza, attacchi di panico.
  • Sintomi depressivianedonia (mancanza di interesse), umore depresso, ritiro sociale.
  • Sintomi di rabbia e aggressività: irritabilità, comportamenti impulsivi.
  • Sintomi dissociativi: amnesia legata al trauma, derealizzazione (percezione alterata della realtà).

Aggiornamenti chiave nel DSM-5-TR

Con la pubblicazione del DSM-5-TR (APA, 2022), i criteri diagnostici per i disturbi correlati a trauma e stress sono stati ulteriormente perfezionati, integrando nuove conoscenze sui fattori epigenetici e neurobiologici che modulano l’interazione tra predisposizione genetica ed esperienza di trauma.

Particolare attenzione è stata rivolta anche agli aspetti infiammatori, come suggerito da studi che collegano l’esposizione prolungata a eventi traumatici a risposte immunitarie alterate (Michopoulos et al., 2017), e alle componenti dissociative, che includono fenomeni di derealizzazione o depersonalizzazione in sottogruppi di pazienti con PTSD (Lanius et al., 2010).

Un’ulteriore innovazione è l’introduzione del Disturbo da Lutto Prolungato (Prolonged Grief Disorder), pensato per quei casi in cui la sofferenza per la perdita di una persona cara permane in modo clinicamente significativo oltre i 12 mesi nell’adulto (6 nei bambini), provocando una marcata compromissione del funzionamento quotidiano (APA, 2022; Boelen & Smid, 2017).

Disturbo reattivo dell’attaccamento

Il disturbo reattivo da attaccamento (Reactive Attachment Disorder, RAD) è un disturbo che rientra nell’ambito della neuropsichiatria infantile. In base alle più recenti indicazioni del DSM-5-TR, esso si manifesta in bambini che mostrano schemi di comportamento e di attaccamento marcatamente disfunzionali e inadeguati, associati a un ridotto o assente ricorso alle figure genitoriali di riferimento per il conforto o la protezione.

Ad esempio, quando questi bambini sono angosciati non ricercano il genitore per ottenere conforto, nutrimento e protezione e, allo stesso tempo, risultano spesso insensibili agli sforzi dei caregiver di consolarli. Questo quadro clinico è riconducibile a episodi di trascuratezza o deprivazione delle cure primarie, soprattutto nei primi mesi di vita (Gleason et al., 2011). In tali situazioni si osservano poche o nulle manifestazioni emotive positive, con marcata irritabilità, tristezza e paura.

Per poter effettuare la diagnosi di disturbo reattivo da attaccamento, è necessario che il bambino abbia sviluppato la capacità di instaurare legami selettivi; pertanto, non è possibile formulare diagnosi prima dei 9 mesi di età (Zeanah et al., 2011). Le più recenti ricerche mettono in luce l’importanza di un intervento precoce, finalizzato a migliorare la qualità della relazione genitore-bambino e a potenziare le competenze emotive e relazionali, al fine di ridurre la probabilità di persistenza di tali comportamenti disfunzionali.

Disturbo da impegno sociale disinibito

Il disturbo da impegno sociale disinibito (Disinhibited Social Engagement Disorder, DSED) è inserito nel capitolo dei disturbi correlati a trauma e stress del DSM-5-TR e si manifesta in bambini che mostrano comportamenti di eccessiva familiarità verso persone estranee. In particolare, questi bambini si dimostrano estremamente socievoli e confidenziali anche con adulti che non conoscono, tanto da non esitare ad allontanarsi con loro, lasciando i genitori. È importante sottolineare che tali comportamenti di confidenza non sono in linea con le norme sociali e culturali di riferimento.

Ai fini della diagnosi di disturbo da impegno sociale disinibito, è essenziale che il bambino abbia acquisito la capacità di creare attaccamenti selettivi; per questo motivo, non è possibile formulare diagnosi prima del nono mese di età. Gli studi più recenti evidenziano come un intervento precoce, mirato a migliorare la qualità delle relazioni di attaccamento e a potenziare le competenze emotivo-relazionali, possa ridurre il rischio di comportamenti eccessivamente familiari e promuovere uno sviluppo più equilibrato.

Le evidenze cliniche indicano che la presenza di un ambiente di trascuratezza o di deprivazione nelle cure primarie (ad esempio, all’interno di orfanotrofi o in contesti di grave carenza affettiva) è uno dei fattori di rischio principali per lo sviluppo del DSED. Uno studio su bambini precedentemente istituzionalizzati ha dimostrato, infatti, che in condizioni di grave carenza di cure, i sintomi di familiarità indiscriminata sono piuttosto frequenti e possono persistere nel tempo, se non vengono intrapresi interventi mirati (Gleason et al., 2014).

Disturbo post traumatico da stress

Il disturbo post traumatico da stress (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD) è il disturbo principale e più noto tra i disturbi correlati a trauma e stress. In passato era incluso nel capitolo dei disturbi d’ansia, ma con l’uscita del DSM-5 è stato collocato in una categoria diagnostica a parte, dedicata alle reazioni patologiche conseguenti a eventi traumatici o stressanti (APA, 2022). Il PTSD si manifesta a seguito dell’esposizione a uno o più eventi traumatici, in cui la persona ha vissuto o ha assistito a situazioni che hanno comportato minaccia grave per la propria o altrui incolumità fisica o psicologica.

Dal punto di vista sintomatologico, le presentazioni del PTSD possono variare considerevolmente da individuo a individuo. Alcune persone sviluppano principalmente sintomi emotivi legati alla paura (ad esempio, ipervigilanza o evitamento), mentre in altri prevalgono sintomi come anedonia, disforia, pensieri negativi o stati dissociativi (Friedman et al., 2011). In molte circostanze, si osserva una combinazione di queste manifestazioni, con un impatto significativo sul funzionamento globale della persona.

Un’adeguata diagnosi e un trattamento tempestivo risultano fondamentali per ridurre la gravità del disturbo post traumatico da stress, favorendo il recupero e il ripristino di un equilibrio emotivo soddisfacente.

Per approfondire ulteriormente le caratteristiche diagnostiche, le opzioni terapeutiche e le strategie di prevenzione, è possibile consultare la pagina specifica dell’ambulatorio di psicotraumatologia dell’Ospedale Maria Luigia

Disturbo acuto da stress

Il disturbo acuto da stress (Acute Stress Disorder, ASD) rientra tra i disturbi correlati a trauma e stress e presenta sintomi molto simili a quelli del disturbo post traumatico da stress (PTSD). Secondo il DSM-5-TR, i segni e i sintomi si manifestano entro massimo 3 giorni dall’evento traumatico e durano fino a un massimo di 1 mese (APA, 2022). L’evento traumatico può essere costituito da una situazione in cui la persona ha vissuto o ha assistito a una minaccia per la propria o altrui incolumità fisica o psicologica.

La distinzione fondamentale tra disturbo acuto da stress e PTSD risiede nella durata dei sintomi: se tali manifestazioni persistono oltre il primo mese dall’evento, si passa alla diagnosi di disturbo post traumatico da stress (Bryant, 2017). Nelle fasi iniziali, tuttavia, i sintomi dell’ASD possono includere ansia, paura, possibili reazioni dissociative, evitamento di stimoli associati al trauma e flashback o ricordi intrusivi. Un intervento precoce, mirato a sostenere il processo di elaborazione dell’esperienza traumatica, può ridurre il rischio di evoluzione in PTSD e favorire un recupero più rapido.

Disturbo da adattamento

Il disturbo da adattamento rientra tra i disturbi correlati a trauma e stress e si caratterizza per la presenza di sintomi emotivi e comportamentali che insorgono in risposta a un evento (stressor) identificabile. Secondo il DSM-5-TR, questi sintomi possono manifestarsi in seguito a un singolo episodio (ad esempio, la fine di una relazione) o a una serie di circostanze stressanti più prolungate (APA, 2022). Gli eventi stressanti possono risultare ricorrenti (ad esempio, crisi periodiche in un rapporto di coppia), continuativi (come la scoperta di una malattia cronica) o riguardare direttamente l’individuo, il sistema familiare o un’intera comunità.

Un aspetto cruciale del disturbo da adattamento è che la reazione emotiva o comportamentale risulti eccessiva o sproporzionata in termini di intensità o durata, tenuto conto del contesto culturale in cui la persona vive. I sintomi generalmente insorgono entro 3 mesi dall’evento stressante e possono comprendere ansia, umore depresso, irritabilità e difficoltà nelle attività quotidiane. In caso di lutto, la diagnosi di disturbo da adattamento si prende in considerazione quando le reazioni sono particolarmente intense, persistenti e non giustificate dalle normali manifestazioni di dolore e tristezza. Se i sintomi persistono oltre i 6 mesi dal termine dello stressor o delle sue conseguenze, è opportuno valutare diagnosi alternative o comorbilità.

Un riconoscimento precoce del disturbo da adattamento e un intervento tempestivo (ad esempio, attraverso la psicoterapia, il sostegno sociale o l’eventuale uso di interventi farmacologici) possono favorire una risoluzione più rapida dei sintomi e prevenire l’evoluzione verso quadri psicopatologici più complessi.

Disturbo da lutto prolungato

Il Disturbo da Lutto Prolungato (Prolonged Grief Disorder, PGD) rappresenta una delle novità più rilevanti introdotte dal DSM-5-TR. Pur riconoscendo che il lutto sia in genere un processo fisiologico, questa diagnosi viene considerata quando la sofferenza persiste in modo marcato e pervasivo oltre i 12 mesi (6 mesi nei bambini), comportando una significativa compromissione del funzionamento quotidiano (APA, 2022).

Il quadro clinico si caratterizza per un dolore intenso, una nostalgia persistente e una costante difficoltà ad accettare la perdita, con la sensazione di sentirsi “vuoti” o distaccati dagli altri. L’inclusione del PGD nel capitolo dei disturbi correlati a trauma e stress risponde all’evidenza che, in un sottogruppo di persone colpite da lutto, possono manifestarsi sintomi assimilabili a una forma di reazione da trauma cronico, rendendo necessarie valutazioni e interventi terapeutici specifici.

Bibliografia

APA (American Psychiatric Association). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5th ed., Text Revision). Washington, DC: American Psychiatric Publishing (2022). https://doi.org/10.1176/appi.books.9780890425787

Michopoulos, V., Powers, A., Gillespie, C. F. & Ressler, K. J. Inflammation in fear- and anxiety-based disorders: PTSD, GAD, and beyond. Neuropsychopharmacology 42, 254–270 (2017). https://doi.org/10.1038/npp.2016.146

Lanius, R. A., Brand, B., Vermetten, E., Frewen, P. A. & Spiegel, D. The dissociative subtype of PTSD: Rationale, clinical and neurobiological evidence, and implications. Depress. Anxiety 29, 701–708 (2010). https://doi.org/10.1002/da.21889

Boelen, P. A. & Smid, G. E. Disturbed grief: Prolonged grief disorder and persistent complex bereavement disorder. BMJ 357, j2016 (2017). https://doi.org/10.1136/bmj.j2016

Gleason, M. M. et al. Validity of evidence-derived criteria for reactive attachment disorder: indiscriminately social/disinhibited and emotionally withdrawn/inhibited types. J. Am. Acad. Child Adolesc. Psychiatry 50, 216–231 (2011). https://doi.org/10.1016/j.jaac.2010.12.012

Zeanah, C. H., Berlin, L. J. & Boris, N. W. Practitioner Review: Clinical applications of attachment theory and research for infants and young children. J. Child Psychol. Psychiatry 52, 819–833 (2011). https://doi.org/10.1111/j.1469-7610.2011.02399.x

Gleason, M. M. et al. Indiscriminate behaviors in previously institutionalized young children. Pediatrics 133, e657–e665 (2014). https://doi.org/10.1542/peds.2013-0728

Friedman, M. J., Resick, P. A., Bryant, R. A. & Brewin, C. R. Considering PTSD for DSM-5. Depress. Anxiety 28, 750–769 (2011). https://doi.org/10.1002/da.20767

Bryant, R. A. Acute stress disorder as a predictor of posttraumatic stress disorder: A systematic review. J. Clin. Psychiatry 78, 449–455 (2017). https://doi.org/10.4088/JCP.16r10864

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